Pubblicato su 112 Emergencies n.9 – Novembre/dicembre 2021.
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Per una migliore abbiamo riportato qui di seguito il testo dell’articolo:

“Una multinazionale tascabile”. Il gioco di parole si fa interessante, e convincente, via via che Roberto Grassi, presidente e amministratore delegato della Alfredo Grassi Spa – oltre 1500 dipendenti e dieci siti produttivi in Italia e all’estero, due milioni di capi prodotti all’anno per un fatturato di circa 75 milioni di euro di cui poco meno del 30% in quota export – ci racconta la storia dell’azienda di famiglia che, fondata nel 1925 dal nonno Alfredo, oggi fa da apripista alle più innovative proposte hi-tech nel settore dell’abbigliamento tecnico e professionale.

Di Eleonora Marchiafava

Senz’altro tascabile e innovativa è la giacca da uomo che Roberto Grassi sfodera da un campionario accanto alla scrivania mentre ci spiega filosofia, obiettivi e risultati dell’azienda di famiglia: prima la arrotola in perfetto stile Marie Kondo per mostrarci quanto poco spazio e peso occupi in uno zaino da viaggio e poi, dopo averla maltrattata e stropicciata per bene, la dispiega di nuovo e se la indossa. L’effetto è speciale, la dimostrazione non fa una piega, l’eleganza è invidiabile. Merito dei tessuti con cui è confezionata.

Un altro capo che viene presentato con orgoglio da Roberto Grassi è un innovativo giubbetto dalle elevate prestazioni balistiche, ma indossabile come un underwear grazie all’elasticità dei tessuti e alla stampa in grafene che garantisce un maggiore comfort termico a chi lo indossa a diretto contatto della pelle. Ma il grafene – la cui scoperta ha valso il premio Nobel per la Fisica nel 2010 ai due scienziati Andre Geim e Konstantin Novoselov – e, più in generale, l’hi-tech applicato al tessile non è una novità qui nella sede centrale di Lonate Pozzolo, nel cuore della produttiva provincia di Varese dove Roberto Grassi è anche presidente di Univa.

È di casa almeno da quando, parecchi anni fa, l’azienda ha fatto degli investimenti in tecnologie innovative (e sostenibili, come spieghiamo più avanti) un fattore imprescindibile di crescita e di sviluppo. Roberto Grassi lo ha ribadito poche settimane fa all’assemblea generale degli industriali riuniti all’Hangar Sea Prime di Malpensa, quando la sua relazione sullo stato dell’imprenditoria di Varese e provincia gli ha valso i complimenti del presidente nazionale
di Confindustria, Carlo Bonomi.

Nominato alla guida dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese nel maggio del 2019, dunque pochi mesi prima dello scoppio della pandemia, Roberto Grassi fa dell’ars oratoria un mezzo elegante per dire le cose come stanno, elenca punti di forza e di debolezza della sua azienda così come del comparto perché, come insegnano le biografie dei grandi capitani d’industria, non è con le illusioni che si guadagnano fette di mercato. A noi, per esempio, dice chiaro e tondo che la sua azienda «oggi vende prevalentemente e ancora troppo in Italia, dobbiamo internazionalizzarci e spingere di più all’estero», fetta di mercato che comunque nel 2019 ha fatto registrare un incremento del 51%.

Agli industriali riuniti in assemblea ha fatto notare che le imprese che investono in tecnologie digitali sono ancora troppo poche, che bisogna cioè risalire la classifica delle province in Italia dalle retrovie del 34esimo posto in cui si trova attualmente Varese. Tanto più che la crisi devastante dovuta al virus, che lui definisce «sanitaria, umana, sociale prima ancora che economica», è un’esperienza «che non possiamo frettolosamente archiviare come superata». Non ci si può dunque accontentare dei positivi segnali di crescita registrati nella prima parte del 2021 dalle industrie, varesotte e italiane. «La crisi ha fatto un insperato miracolo: ha permesso di compiere un passo da gigante alle istituzioni, con la scelta europea della solidarietà finanziaria e per il debito comune», ha continuato Grassi in assemblea. «Siamo oggi più che mai orgogliosi di esserci sempre detti convinti europeisti ma», avverte il presidente Univa, «abbiamo bisogno di una visione basata su un’identità comune, che ci rafforzi, che ci unisca. Abbiamo bisogno di una strategia che ci consenta di raggiungere i nostri obiettivi». Abbiamo insomma tutti bisogno di «uno scatto in avanti che ci aiuti a cambiare passo, come territorio e come Paese».

E in effetti, ad accoglierci all’headquarter di Lonate Pozzolo, è una piacevole ventata di inter-nazionalità. Dalle porte a vetri di una saletta a sinistra un gruppetto di persone sta dialogando in inglese, nella sala più grande a destra risuona invece il seducente accento di Francia, dove la Grassi firma gli indumenti dei sapeurs-pompiers e vende in settori mastodontici come quello delle utility, ben rappresentato dal gruppo internazionale Engie. «Esportiamo in tutta l’area euro-mediterranea», spiega Roberto Grassi mentre ci mostra il reparto controllo qualità di Lonate Pozzolo, dove due addette stanno esaminando delle tute mimetiche destinate ai militari spagnoli che, confezionate negli stabilimenti all’estero, come tutti gli altri capi prodotti dalla Grassi tornano in Italia per le verifiche di conformità e i test di collaudo prima di essere immesse sul mercato.

Protezione, comfort, durabilità, fashion: l’innovazione e le certificazioni, di prodotto e di processo

Internazionalizzazione, dunque, ma anche innovazione e sostenibilità: è la vision a tre punte che sta dietro alle sei business unit aziendali e ai dieci stabilimenti di produzione dislocati in Italia, Romania, Albania e Tunisia, per un totale di oltre 1500 persone impiegate, due milioni di capi confezionati all’anno, un fatturato che nel 2020 ha raggiunto i 74,6 milioni, di cui il 26% pro-veniente dall’export e il 5% destinato a ricerca e sviluppo.

Da qui, dall’investimento in ricerca e sviluppo, nascono prodotti come la Smart Jacket, un giubbotto pensato per i vigili del fuoco, dotato di una black box, un sistema di sensori in grado di monitorare in tempo reale lo stato fisico del soccorritore e di comunicare i dati a una postazione esterna al luogo dell’intervento. O come l’app Size You: attraverso un processo di image analysis basato su algoritmi di intelligenza artificiale, l’applicazione sfrutta la telecamera del telefonino per rilevare, realizzato per la Guardia di Finanza con soli due scatti, le misure cor-poree dell’utente senza inquadrare il viso, a tutela della privacy, e senza contatto fisico, a salvaguardia del distanziamento sociale da rispettare in tempo di Covid.

«Storicamente», invece, specifica con orgoglio familiare Roberto Grassi, la prima linea di produzione a segnare la strada dell’azienda a cavallo di due secoli è senz’altro quella del Workwear, l’abbigliamento da lavoro su cui, per primo, scommise con un’intuizione geniale Alfredo negli anni Trenta. Nei decenni l’azienda si è sviluppata portando a compimento una de-clinazione a ventaglio del concetto di abbigliamento tecnico, che oggi consta appunto di sei business unit, oltre al Workwear: la linea Fire, fatta su misura per le squadre dei vigili del fuoco; le tre linee Military, Ballistic e Law Enforcement, che interpretano a diverse latitudini internazionali le esigenze di chi opera nelle forze dell’ordine e difensive; infine, la linea del Fashion & Sportswear, perché non di solo lavoro si vive.

«Mio nonno fu uno dei famosi ragazzi del ’99», ricorda con affetto il nipote, riportando alla memoria la storia con la S maiuscola dei giovani italiani che, nati appunto nel 1899, nel 1917 avrebbero compiuto i diciott’anni e sarebbero stati chiamati al fronte per rinforzare la difesa italiana, stremata dalle perdite e dalle sconfitte (fu quello l’anno della tragica battaglia di Caporetto). «Per tutta la vita mio nonno tenne nel portafoglio il tesserino militare da ufficiale», ricorda Roberto. Cresciuto in “una famiglia tessile”, altra incisiva definizione che ci regala il presidente, nel 1925, grazie all’aiuto dei genitori, Alfredo avviò a Busto Arsizio una produzione di tessuti tecnici. L’azienda venne chiamata Grassi, nel 2025 compirà cento anni: un secolo di storia imprenditoriale che custodisce tra le pagine aneddoti, lezioni di vita, stoffa da imprenditori e audacia necessaria e sufficiente per superare le avversità – le grandi guerre del Novecento, la pandemia di oggi.

La produzione dei primi anni d’attività della Alfredo Grassi fu incentrata sulla confezione di divise per i soldati, ma subito dopo la Seconda Guerra Mondiale un episodio imprevisto cambiò per sempre il corso della storia. «Successe che l’esercito italiano contestò a mio nonno un tessuto lavorato per i militari, rifiutando la merce che però, con un’intuizione che precorse genialmente i tempi della nostra economia circolare, mio nonno riutilizzò declinando la produzione in capi di abbigliamento da lavoro». Così ebbe inizio tutto, da un rifiuto che, anziché scoraggiare Alfredo, lo spinse, determinato e ostinato, a tener dritta la barra e a far cre-scere la ditta di confezione che, alla fine del Novecento, «ereditata da mio padre Franco e da mio zio Piero, si è affermata come azienda di riferimento nel panorama italiano per quanto
riguarda l’abbigliamento professionale».